Sessioni di Mantrica
Tutti i giovedì fino al 23 febbraio 2023 – Ore 18:00-19:00
Cos’è il Mantra?
La parola MANTRA è un termine sanscrito derivante da due termini, MAN, che è un verbo nella sua accezione di “pensare”, ma anche “principio spirituale” o “respiro”, unito al suffisso TRA che corrisponde all’aggettivo sanscrito kṛt, (“che compie”, “che agisce”). Il significato originale del Mantra risiede nella traduzione induista più antica, per la precisione nei quattro VEDA, ed è relativo sia alla metrica nella quale questi testi furono scritti ma soprattutto nel modo in cui venissero enunciati, quindi trasmessi. Nella tradizione successiva divenne quindi poco importante per coloro che studiavano i Veda conoscerne il significato quanto piuttosto fu sufficiente memorizzare meticolosamente il testo, con particolare riguardo alla pronuncia e alla sua accentazione. Ciò produsse, a partire dal VI secolo a.C., una serie di opere, che vanno sotto il nome collettivo di Prātiśakhya, sulla fonetica e sulla retta pronuncia (śikṣ a) propria dei Veda e per questo collocati all’interno del Vedaṅ ga (membra, aṅ ga, dei Veda).
La pratica dei mantra
Un mantra, rigorosamente in lingua sanscrita, può essere recitato ad alta voce, sussurrato o anche solo enunciato mentalmente, nel silenzio della meditazione, ma sempre con la corretta intonazione, pena la sua inefficacia. Va inoltre evidenziato che un mantra non lo si può apprendere da un testo o da generiche altre persone, ma viene trasmesso da un guru, un maestro cioè che consacri il mantra stesso, con riti che non sono dissimili dalla consacrazione delle icone. L’atto di enunciare un mantra è detto uccāra in sanscrito; la sua ripetizione rituale va sotto il nome di japa, e di solito è praticata servendosi dell’akṣ amālā, un rosario risalente all’epoca vedica. Ci sono mantra che vengono ripetuti fino a un milione di volte:
«Ogni ripetizione indefinita conduce alla distruzione del linguaggio; in alcune tradizioni mistiche, questa distruzione sembra essere la condizione delle ulteriori esperienze.»
(Mircea Eliade, Lo Yoga, a cura di Furio Jesi, BUR, 2010; p. 207)
Un aspetto importante nell’uccāra è il controllo della respirazione. Frequente, soprattutto nelle tradizioni tantriche, è l’accompagnamento del japa con le mudrā, gesti simbolici effettuati con le mani, e con pratiche di visualizzazione. Uno dei significati di uccāra è “movimento verso l’alto”, e difatti nella visualizzazione interiore il mantra è immaginato risalire nel corpo del praticante lungo lo stesso percorso della kuṇ ḍ alinī, l’energia interiore.
Biografia Sandro Sabioni nasce a Bologna, una laurea in psicologia, da oltre trent’anni studia e ricerca nel campo delle filosofie umanistiche e religiose antiche, con predilezione per quelle orientali e medio orientali. Dal 1991 approccia ai percorsi spirituali per poi centrarsi in particolare su Buddismo e Induismo, nel 1994 incontra Lama Zopa Rimpoche da cui riceve diverse iniziazioni di tradizione Ghelupa. Ha studiato per otto anni la Mistica Ebraica, ama profondamente il Taoismo e lo Zen cui si sente particolarmente affine. Dal 2001 insegna meditazione tenendo corsi nel nord Italia, anche se in modo non continuativo. Nel tempo, alla meditazione si sono aggiunti diversi argomenti correlati quali le tecniche mantriche, cioè come emettere i Mantra, le tecniche di respirazione come il Pranayama, fino a percorsi di vera e propria autoconoscenza ed evoluzione personale, arricchiti di esperienze dirette e profonde di sé stessi. Recentemente si è centrato sulla Percezione Sottile, argomento cerniera tra l’immaginifico in cui si rischia di cadere nella ricerca del Sé, e il Mondo Reale, così denso ed inesplorato, inconosciuto. Ha conseguito diplomi di Mindfulness, PNL, Counseling, oltre ad aver avuto la fortuna di incontrare numerosi Maestri di tantissime tradizioni diverse i quali, per fortuna, non lasciano diplomi di carta ma esperienze interiori. Ha all’attivo numerose pubblicazioni.